Staccò un colpo di remi
l’isola
questo mio andare piano.
Fu un giro di vento
e tranquillo inseguire:
ciò che annuncia lo smemorarsi,
un sacrificio esangue.
non del tutto incruento però.
Perché qui filtra lo stesso
quel po’ di me
che intravede fessure
e frigge nel pozzo
come acqua lontana
la notte del terremoto.
Un torrente dei sensi
-questo sì-
ci infuria sopra
e come sia la bonaccia
paventiamo e chiediamo.
DALLA PREFAZIONE
Il poemetto, nella sua compatta struttura, sviluppa un movimento che circolarmente ricongiunge il suo principio alla fine. Dall’isola del pensiero, il punto fermo, il dato, così almeno pare, sicuro dell’esistenza, prende avvio un moto che pure per stacchi, colpi e allontanamenti finisce per girarle tutt’attorno e lambirla. Si tratta di un vagabondaggio della memoria o del sogno; un viaggio che impegna le forze latenti dell’inconscio; o che forse è abbandono al libero flusso delle associazioni mentali, non è facile dire. L’autore spera conforto da questa evasione. Il viaggio restituisce invece brandelli di una realtà lacerata.
Il componimento, pur nella difficoltà dei suoi movimenti, o forse proprio per tale difficoltà, che chiama in causa piani e dislocazioni remote dell’intera geografia dell’autore, rivela in lui una indubbia e sicura maturità poetica.
Aldo Piccoli