WALT DISNEY
DI DUEMILA ANNI FA
(CON UN OCCHIO AI BAMBINI)
Mancava in Italia una traduzione delle favole di Fedro (per tanti legato al latinorum delle esercitazioni scolastiche) esplicitamente rivolta ai bambini. Linguaggio semplice e straordinarie illustrazioni di una grande disegnatrice come Marilena Ferrara. Questo mio lavoro è stato edito da Editoriale Programma di Angelo Pastrello. Una presenza ormai importante nell’ambito dell’editoria italiana. Fedro, scrittore romano di origine greca, riprende con genialità gli scritti del suo conterraneo Esopo. Aggiunge ambientazioni e personaggi bizzarri. Favole che non invecchiano. Recitano una lezione ancora attuale. E gli animali parlano da sempre alla nostra fantasia. Da Fedro ed Esopo a La Fontaine, Perrault e… Walt Disney. Un tesoro d’intelligenza, ironia e buonsenso che merita di essere tramandato alle nuove generazioni. Il libro è abbinato a molti quotidiani italiani, è in libreria, lo si può ordinare online (https://editorialeprogramma.it/).
È stato presentato a Radio Vaticana il 29 novembre 2020, nell’ambito della rubrica Anima Latina condotta da Fabio Colagrande (disponibile in podcast: https://www.vaticannews.va).
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LA PREFAZIONE
IL PAPÀ DI WALT DISNEY
Care lettrici e cari lettori,
quello che avete tra le mani è un piccolo tesoro di intelligenza, di ironia, di buon senso.
Sono le favolette che ha scritto Fedro, uno scrittore romano di origine greca. Lui dice che non ha fatto altro che trasportare nella cultura latina il lavoro del suo conterraneo Esopo. In realtà ha fatto molto di più, come potrete vedere. Ci ha messo tanto di suo.
Sa essere leggero, dolce, pungente. Anche pesante, quando serve. E soprattutto amaro. La vita invade potentemente ogni pagina. Quante volte è necessario accettare la prepotenza del più forte. Quante volte, per sopravvivere, ci tocca scegliere il male minore.
Fedro è un grandissimo, anche se il genere letterario della favola era, ai suoi tempi, giudicato un genere minore. Perfino disprezzato.
Forse anche per questo di lui sappiamo molto poco, praticamente solo ciò che egli stesso racconta di sé nella sua opera. Se lo volete conoscere un po’ meglio, alla fine di questo libro trovate qualche notizia in più. E tuttavia, dalla piccola e marginale fama che aveva nell’antichità, lui balza luminoso nella nostra epoca. Ha tanto da insegnarci, tantissime riflessioni da proporci.
Pensiamo che lui è, assieme ad Esopo, il papà di tutti coloro che nei secoli hanno fatto parlare con saggezza animali, piante, oggetti di uso quotidiano. Senza di lui non ci sarebbero stati Jean de La Fontaine e Walt Disney, Charles Perrault e Giambattista Basile, Carlo Lorenzini detto Collodi e Hans Christian Andersen.
E tanti, tantissimi altri, a cominciare dai fratelli Grimm, Jacob Ludwig e Wilhelm Karl (che, di mestiere, facevano i linguisti e i filologi. Giravano e raccoglievano anche favole).
Molti personaggi di Fedro sono strani, bizzarri, diciamo un po’ sopra le righe. Vorrei dire una cosa alle mamme e ai papà che volessero raccontare qualcuna di queste favole ai bambini più piccoli. Leggete per primi e utilizzate quello che vi pare. È comunque tanta roba.
Io vi auguro di trovare sempre il tempo per raccontare favole ai vostri bambini. Per far crescere e lievitare la loro fantasia e il loro immaginario.
Il cibo della mente è importante almeno quanto quello destinato allo stomaco.
Io ho fatto la mia parte. Sapete che in Italia mancava una traduzione che fosse il più possibile vicino al linguaggio dei bambini? Il resto spetta a voi.
P.S.: Fedro scriveva duemila anni fa. Io ho cercato di fare del mio meglio. Per tradurre in un linguaggio semplice e moderno, magari attirandomi qualche mugugno dei miei colleghi latinisti. Per far capire tutto (che è ciò che davvero conta, in fondo). Tuttavia, se qualche riferimento non vi fosse chiaro, troverete lungo il testo alcuni appunti e spiegazioni utili.
Vi affido a lui. A Fedro.
SEMPRE LA MORALE, SEMPRE QUALCOSA DA IMPARARE
TRA LE PIÙ NOTE…
IL LUPO E L’AGNELLO
C’erano una volta un lupo e un agnello.
Si incontrano in riva ad un ruscello dove volevano dissetarsi. Il lupo sta più in su, l’agnello molto più in giù. Il lupo era un tipaccio e, con la sua brutta bocca, comincia a provocare: “Guarda che mi stai sporcando l’acqua”. Il batuffolo di lana, tutto tremante, gli risponde: “Ma non è possibile, signor lupo, l’acqua corre da lei a me, io bevo dopo di lei”. È la verità e il lupo non la prende bene. Ringhia: “Sei mesi fa hai parlato male di me”. “Ma se non ero ancora nato…”. “E allora, per la miseria, deve essere stato tuo padre”. E in questo modo giustifica la sua prepotenza. Lo prende e lo sbrana.
Questa favola va bene per quegli uomini che si inventano scuse pur di fare del male agli innocenti.
LE RANE CERCANO UN RE
Atene era una città governata da buone leggi. Ma c’era forse eccessiva libertà e la gente diventò superba, non si sentiva più obbligata ad alcun dovere. Il tiranno Pisistrato mise insieme un po’ di persone di diversi partiti e occupò la parte alta della città. I cittadini di quella regione, l’Attica, presero a lamentarsi. Non perché Pisistrato fosse crudele ma perché non erano abituati a sopportare il peso della servitù.
E allora Esopo raccontò loro una favoletta.
“C’erano delle rane che sguazzavano tranquille nelle paludi. Ma le loro abitudini di vita erano troppo libere e così chiesero a gran voce a Giove un re che rimettesse a posto le cose. Il padre degli dei si fece una gran risata e fece cadere un tronco d’albero, neanche tanto grande. Ma con tanto strepito e grandi onde. Le rane ne furono spaventate. Il tronco era fermo sul fondo dello stagno, immerso nel fango. Una rana, senza far rumore, tirò la testa fuori dell’acqua, girò un po’ attorno al re e poi chiamò le compagne. La paura svanì e anzi fecero a gara per nuotare fino al tronco. Ben presto sopra di questo si formò una combriccola petulante e chiacchierona. Lo riempirono di insulti e chiesero a Giove un altro re. Quello che era stato loro mandato, dissero, era perfettamente inutile. E Giove mandò loro un serpente crudele che cominciò a sbranarle una dopo l’altra. Impossibile scappare, impossibile difendersi.
Per la paura non hanno neanche il fiato per protestare. Allora, di nascosto, si rivolgono a Mercurio perché metta una buona parola presso Giove. Ma quello, con la sua voce di tuono: “Non avete saputo conservarvi il bene che avevate. Adesso tenetevi questo malanno”.
Esopo si rivolse allora ai cittadini di Atene: “Tenetevi il tiranno, disse, e pensate che potrebbe capitarvi di peggio”.
LA VOLPE E L’UVA
Una volpe affamata cercava di afferrare dei grappoli d’uva con grandi salti. Ma la vigna era troppo alta e lei non riuscì nemmeno a sfiorarli. Andandosene disse: “Non è ancora matura, non la mangerò certo acerba”.
Favoletta giusta per quelli che non sanno risolvere un problema e allora dicono che si trattava di un affare da poco.
…E UNA POCO NOTA
MA ATTUALISSIMA
IL BUFFONE E IL CONTADINO
Quanto si sbagliano gli uomini, mal consigliati dalla loro scarsa obiettività! Perseverano nel proprio errore e spesso devono sbattere il muso davanti all’evidenza dei fatti.
Un personaggio molto ricco aveva intenzione di organizzare dei giochi. Invitò tutti, offrendo un premio a chi, per quanto possibile, proponesse uno spettacolo inedito. Arrivarono degli artisti di quelle gare di talento. E tra di loro vi era un buffone, noto per le sue invenzioni. Disse che avrebbe portato in teatro uno spettacolo mai visto.
Si sparge la voce e si mette in movimento l’intera città. I posti, poco prima vuoti, non riescono a contenere tutta la folla. Quello si presenta in scena tutto solo, senza alcun apparato e senza assistenti. Grandi attesa e silenzio. Tutto d’un tratto mette la testa tra le pieghe del suo mantello. E imita così alla perfezione il verso del maiale che gli spettatori credono che ce ne sia davvero uno e gli fanno scuotere il panno. E naturalmente il maiale non c’è e tutti apprezzano e non smettono di applaudire. Un contadino che assisteva a quella scena esclama: “Accidenti, io so fare di meglio” e lì per lì promette che all’indomani avrebbe fatto qualcosa in grado di superare il buffone. Il giorno dopo, ancora più gente. Ma tutti in cuor loro hanno già deciso: sono lì per divertirsi, non per esprimere giudizi obiettivi. Avanzano entrambi sulla scena. Il buffone fa il suo grugnito per primo. Ottiene applausi e suscita entusiasmi. Tocca al contadino che finge di nascondere sotto il suo mantello un maialino. E il maialino c’è davvero, ma ben nascosto perché non si veda nulla, come nell’esibizione precedente. Il contadino dà un gran pizzicotto all’orecchio del maiale nascosto e gli tira fuori un autentico grugnito. Gli spettatori urlano che l’imitazione del buffone è migliore e chiedono che il contadino sia cacciato. E quello tira fuori il porcello in carne e ossa dal suo mantello. Prova indiscutibile che sconfigge un miserabile sbaglio. “Ecco qua il maiale che dimostra, dice, che razza di giudici siete”.