BAVIERA D’ACQUA E DI FEDE
IL CHIEMSEE, IL MARE DELLA BAVIERA
L’ISOLA DELLE DONNE
E L’ISOLA DEGLI UOMINI
RE LUDWIG, IL MISTERO E LA BELLEZZA
Il sole generoso di Pasqua e 1300 kilometri per visitare una Baviera minore e bellissima, un viaggio di suggestione tutta particolare. Tre camper e sei viaggiatori. Le nostre donne prima di tutto: Bruna, Edda ed Egle (come sempre grande organizzatrice e abilissima nel trovare mete inconsuete, strade relativamente poco battute, aspetti meno noti). Poi Danilo, Egidio e chi scrive. Partenza da Treviso (a metà giornata di giovedì 9 aprile 2009), via Tarvisio e Salisburgo.
Prima serata a Flachau, in Austria. Stazione sciistica famosa, ma un cartello all’ingresso del borgo avvisa i camperisti che in quel luogo non sono desiderati.
Amen. Troviamo posto nel parcheggio di un supermercato all’inizio del paese.
Il giorno dopo oltrepassiamo Salisburgo e prendiamo la direzione per Monaco. Sull’autostrada tedesca, uscita 106 per Prien, sul Chiemsee, il mare della Baviera, come viene definito con qualche enfasi e un po’ di esagerazione.
Uno specchio d’acqua luminoso, circondato dalle colline. Prien ha un parcheggio comodissimo proprio a due passi dall’imbarcadero (sulle tabelle stradali direzione KLINIK, un euro ogni ora per le prime tre ore, poi park libero fino a sera. Tuttavia non si può passare la notte).
Siamo qui per fare il giro delle isole (7,60 euro a persona, un traghetto è praticamente sempre in partenza e in arrivo. L’orario ufficiale dice di un imbarco ogni ora, ma nei giorni di festa il servizio viene potenziato al massimo).
Il primo sbarco è nell’isola più grande, la Herreninsel, cioè l’Isola degli Uomini.
Luogo straordinario, perfino incredibile sotto certi aspetti.
Si attracca al piccolo imbarcadero e dopo una breve passeggiata nel bosco di conifere e querce si apre davanti a noi l’immensa spianata su cui si affaccia il castello costruito a partire dal 1878 da Ludwig II (1845-1886).
Il re voleva erigere qui la sua Versailles. Ci riuscì solo parzialmente perché alcuni settori sono ancora al grezzo. Ma la parte arrivata a compiutezza rivela uno sfarzo e uno sfoggio di ricchezza inaudite.
Qui Ludwig ha abitato pochissimo ma il suo spirito e la sua ideologia culturale sono ben presenti, aleggiano nelle stanze sontuose e nel parco.
Le visite (7 euro) sono permesse solo in compagnia della guida. Previste spiegazioni in tedesco ed in inglese. Tuttavia si mette casualmente insieme un bel gruppetto di italiani e la guida attiva un cd nella nostra lingua che ci illustra ogni singola stanza. Sorpresa graditissima.
Le stanze e la galleria delle feste, candelabri e lumi a migliaia, specchi e mobilia originale. Ludwig ci scruta da ritratti e fotografie.
Sguardo tenebroso e atteggiamento romantico, come si addiceva ad un wagneriano convinto. Amante della cultura e delle belle forme: passione rovinosa per le sue finanze messe a dura prova dai castelli che fece costruire ovunque e dalle sovvenzioni a uomini di cultura. Tra i quali Wagner, appunto.
Nel gennaio del 1886 si dedicò alla preparazione del piano costruttivo di un castello in stile cinese sul Plansee, nella vicina Austria.
L’8 giugno i dottori von Gudden, Hagen, Hubrich e Grashey firmarono una perizia che dichiarava il re malato di mente. Non lo avevano mai visitato e si basarono su testimonianze che erano poco più che pettegolezzi! Il 10 giugno lo zio assunse la reggenza. Ludwig visse le sue ultime ore nel castello-prigione di Berg, sul lago di Starnberg, a pochi kilometri da qui.
Nel pomeriggio del 13 giugno Ludwig ottiene il permesso di compiere una passeggiata. Lo accompagna il dottor von Gudden. Ma è senza seguito, nemmeno un amico, nemmeno un infermiere. All’imbrunire i due non sono ancora di ritorno. Scatta l’allarme e verso le ventitré i corpi senza vita vengono rinvenuti nelle acque del lago.
Nessuno ha mai trovato una spiegazione al mistero della morte di Ludwig.
Il 19 giugno si svolgono a Monaco i solenni funerali di stato. Intorno alla bara un mare di fiori. Fra le dita della mano destra del re spicca un mazzetto di gelsomini.
È un regalo di sua cugina, l’imperatrice d’Austria, Sissi.
Come lui tormentata, solitaria, triste. E per di più in conflitto col proprio corpo tanto da infliggergli uno condizione di permanente anoressia.
I due avevano uno stretto rapporto di affetto. Qualcuno li aveva definiti l’aquila e il gabbiano. Se c’era una persona che mai ha conosciuto il segreto della morte di Ludwig questa non può che essere stata Sissi.
Vicino all’imbarcadero visitiamo l’ex convento dei Canonici Agostiniani che oggi è un museo (il biglietto acquistato per il castello comprende anche questo ingresso).
Ci soffermiamo in particolare nella sezione dedicata al pittore Julius Exter (1863-1939). Un centinaio di dipinti, contrassegnati da una splendida vocazione al colore: documentano l’iter artistico di un “minore” che costituisce in realtà per me una grande scoperta.
Espressionista e poi vicino al Blaue Reiter, Exter è un assorto e incantato raccontatore di uomini, donne e paesaggi. Alcuni suoi ritratti femminili restano indimenticabili. La donna esplorata in ogni epoca della vita, in ogni momento della sua esistenza. Osservazione acuta, attenzione alla psicologia, capacità di rendere una condizione dell’anima. Davvero un pittore importante.
Nel 1902 Exter acquistò una vecchia casa colonica a Übersee-Feldwies sul Chiemsee e la trasformò nel suo studio. Visse qui, quasi quarant’anni, fin alla morte attirando allievi da ogni parte d’Europa. Prendiamo nuovamente il traghetto e in pochi minuti approdiamo alla Fraueninsel, l’Isola della Donne.
Siamo ancora sulle acque del lago solcato da vele veloci e lo sguardo è attirato dal campanile sotto il quale si estende il complesso conventuale delle suore benedettine. L’isola è più piccola, molto diversa, vi si respira tutta un’altra temperie culturale.
Appena messo piede a terra, ci troviamo immersi in un brulicante villaggio di pescatori, con le casette l’una addossata all’altra, le piccole darsene personali e i tanti negozietti. Numerosi gli atelier di produzione ceramica e di scultura.
Noi ci sediamo sulle panche che circondano la piccola taverna di Franz Minisini. Panini col salmone, aringhe affumicate e la amarotica birra locale. Meglio che al Ritz, giuro.
Nella chiesa che sorge al centro del complesso conventuale (tra barocco e romanico, come capita spesso da queste parti) sono in atto i riti della Pasqua. Noi, in una mezzoretta facciamo il periplo dell’isola.
Sole e brezza del lago che ne porta gli odori. Indimenticabile.
Nel tardo pomeriggio siamo ancora a Prien, dalle belle case dipinte. Camminiamo un po’ lungo la via principale e nel tardo pomeriggio ci avviamo verso la nostra prossima meta, la città di Altötting con la sua Madonna nera.
Una ottantina di kilometri che noi scegliamo di compiere per stradine che costeggiano il lago e ci regalano il dolce saliscendi verde delle colline. Fermata per la notte nel bel parcheggio del villaggio di Gemeinde Breitbrunn, a metà strada.
ALTÖTTING E LA SUA MADONNA NERA
L’EPOPEA POPOLARE DEGLI EX VOTO
Altötting è un borgo di nemmeno 15mila anime.
Qui è alto il senso dell’ospitalità. Ce ne rendiamo conto quando scopriamo che la cittadina è dotata di ben due aree (segnalate con evidenza) per camper. Rifornimento e scarico, con possibilità di collegarsi anche alla centralina elettrica. Entrambe le aree proprio a due passi dalla Kappelplatz e in zone tranquillissime.
Ospitalità: ogni anno arriva più di un milione di pellegrini per recare omaggio alla Madonna Nera, la cui cappella sorge al centro di un grande complesso religioso, con un gran numero di chiese e cappelle (da visitare la parrocchiale più raccolta e severa nelle forme e la grande cattedrale le cui navate conducono ad un altare barocco davvero molto suggestivo).
Ma è imperdibile la visita, appunto, alla piccola cappella della Madonna. Si capisce che è un luogo deputato al sacro. Si è coinvolti in vibrazioni particolari.
Io mi perdo nel portico che circonda la cappella: ogni più piccolo spazio è occupato da quadretti ex voto che raccontano grazie ricevute o richieste. Dal contadino che cade dalla scala al soldato che prega al fronte; dall’incendio della stalla al viaggio pericoloso in terre lontane. C’è una piccola grande epopea popolare narrata su queste pareti. Un racconto che assume, assieme alla pregnanza del dato religioso, le cadenze di una narrazione epica.
C’è, diffusa e percepibile, la microstoria (cioè la storia “vera”) di queste genti.
Ogni pochi minuti arrivano processioni da ogni parte della Baviera. Gente che ha fatto, in preghiera e a piedi, decine di kilometri per portare il suo omaggio alla Maria dalle gote nere che qui ha casa venerata. I pellegrini sfilano recitando orazioni fino all’ingresso della cappella, depongono la croce che li ha guidati, si disperdono.
Le processioni continuano tutto il giorno ed il clima è assorto. Non solo per i credenti.
Alla sera seguiamo i riti della Pasqua nella cattedrale. Austera ma calda e accogliente. La gente vi affluisce recando ceste di uova da benedire.
La suggestione è alta quando ogni lume si spegne e inizia il rito del fuoco. La luce della verità che si fa strada, il senso della vita che riprende nel prodigio della resurrezione, la parola che diventa carne ed esperienza comunicata.
Personalmente ritengo che la liturgia cristiana abbia proprio nel rito pasquale del fuoco il suo momento più alto e significativo. Comperiamo un piccolo lumino all’ingresso e lo accendiamo dalla fiamma del grande braciere che comunica, sul piazzale e ai piedi della scalinata, la luce a tutti. Appoggiamo il lume sul banco davanti a noi. Un gesto che ci unisce agli altri fedeli.
Al momento dello scambio degli auguri e della stretta di mano in segno di pace non esiste la barriera della lingua.
Si sta bene così, nonostante la difficoltà di seguire il rito in tedesco.
La suggestione arriva da ogni parte. Soprattutto dai canti accompagnati dall’organo e dal violino.
PASSAU, LA CITTÀ DEI TRE FIUMI
Al mattino copriamo i pochi kilometri che ci separano da Passau, la città dei tre fiumi.
È l’antica Passavia dei Romani, come testimoniano i resti del poderoso castello romano Boiotro che risale al terzo secolo e le cui vestigia sono riapparse solo in seguito a lavori recenti. Ora è un museo. Qui si riversano nel Danubio l’Inn da destra e l’Ilz da sinistra. La confluenza è dominata dalla collina su cui sorge il “Veste Oberhaus”, fortezza vescovile costruita nel XII secolo. Serviva a controllare il commercio fluviale. Fu usata da Napoleone come base logistica e avamposto durante la guerra austro-ungarica. Nel “Veste Oberhaus” oggi trovano posto il museo di cultura e storia e la galleria d’arte, la “Neue Gallerie”.
Nel punto più alto della città antica, sulla lingua di terra formata dalla confluenza di Danubio e Inn si trova il Duomo di Santo Stefano. Un incendio lo distrusse nel 1662 e fu ricostruito, su incarico del principe vescovo Stanislao von Thun, dall’architetto italiano Laino Carlo Lurago. E un altro italiano, Giovanni Battista Carlone arricchì la chiesa con i suoi stucchi preziosi. Lo svizzero Carpoforo Tencalla curò l’esecuzione degli affreschi centrali. La cattedrale rinacque dunque in stile barocco.
Qui si trova l’organo da chiesa più grande del mondo con le sue 17.974 canne ed i suoi 233 registri suonanti. Le cinque parti dell’organo si possono suonare contemporaneamente sulla tastiera centrale. Noi troviamo posto comodo nel Donau Park (segnalato ovunque). Siamo proprio in riva al Danubio e decidiamo che qui passeremo anche la notte (ma si rivelerà una scelta sbagliata: rumore e traffico ad ogni ora. Forse avremmo fatto meglio ad esplorare il parcheggio per camper segnalato un poco fuori città).
È bello passeggiare sui lungofiumi. Le rive dell’Inn si presentano verdissime e fiorite mentre quelle del Danubio sono un lungo imbarcadero dove vediamo battelli che risalgono la corrente del grande fiume. Crociere e trasporti commerciali anche da molto lontano (dalla Russia, per esempio).
Sul Danubio si affaccia il maestoso Rathaus con la sua facciata dipinta. Su una parete sono segnati i livelli di piena raggiunti dai fiumi. Come a ricordare che l’acqua che scorre è ricchezza ma cela improvvise e devastanti minacce.
Ci inoltriamo nelle calli ed entriamo nei negozietti aperti nonostante la festa pasquale. Compero un bel cappello in feltro (molto a buon mercato) e, presso un rigattiere, un macinino da caffè per la mia collezione. Reca impressa sull’ottone dell’involucro la mezzaluna turca che ci ricorda invasioni antiche. La bottega è un piccolo antro, pieno di ogni cosa e capace di offrire tante sorprese. Godibilissima la cartella di stampe antiche.
Passau è un bel luogo davvero, ospitale e ricco di suggestioni culturali.
Un gelataio di Conegliano, Gianni Fontanella, sente la nostra parlata e si avvicina. Lui è qui da molti anni, con il figlio Claudio e tutta la sua famiglia. Visitiamo il bel negozio (www.fontanella.eu con indirizzo info@fontanella.eu) e riceviamo anche un consiglio per il pranzo pasquale.
È lo Zi’ Teresa degli abruzzesi Gisela e Nicola d’Amico (www.zi-teresa.de con indirizzo info@zi-teresa.de). Scelta davvero indovinata: splendida ospitalità, ottimo e variato menù, servizio di livello. Il pomeriggio lo trascorriamo a godere il via vai della gente sulle placide rive dei fiumi.
Il lunedì di Pasqua prendiamo la strada del ritorno. Siamo fortunati: ancora una luminosa giornata di sole.