Cosa succede se da qualche parte si incontrano due tra più grandi personaggi creati dalla fantasia di Emilio Salgari e Jules Verne?
Sandokan e Capitan Nemo. Beh io ci ho provato, all’interno della saga di Magiria, il mondo parallelo cui tutti possiamo accedere.
Se troviamo il varco giusto. La porta. Troviamo il serbatoio della fantasia, la dilatazione dell’immaginario.
E a fare da guida è un caddy, il ragazzo che porte la sacca delle mazze sui campi da golf.
Infatti il golf è lo sport nazionale di Magiria.
Parlo ai bambini, ma il discorso è anche (soprattutto?) per gli adulti.
E il racconto del mitico ritrovarsi di questi due giganti dell’immaginario collettivo ha trovato ospitalità in ILCORSARONERO (scritto proprio così, tutto di seguito), la prestigiosa rivista di studi e racconti salgariani diretta da Claudio Gallo.
ILCORSARONERO annovera tra i suoi “direttori spirituali” Raffaele Crovi, Claudio G. Fava, Mino Milani, Darwin Pastorin. E tra i fondatori Luciano Curreri, Roberto Fioraso, Fabrizio Foni, lo stesso Claudio Gallo, Caterina Lombardo, Matteo Lo Presti, Donato Pascali, Massimo Tassi.
LA TERRAZZA DEGLI SCORRIDORI
Sandokan è un uomo in grado di trascinare, è nato capo.
Con lui dieci uomini sono un esercito. Lo uccidete e lo rivedete vivo.
Riuscite a prenderlo, ma è già scappato.
Non combattete solo un uomo, ma una leggenda.
(Adolfo Celi / James Brooke nel film La tigre è ancora viva)
Meglio sopra o meglio sotto? Ma che razza di domanda…
Beh, bambini, lo sapete com’è fatta Magiria. Nel Mondo Parallelo tutto può essere ribaltato, stravolto, messo sottosopra. Questo è il regno della fantasia. Prima e dopo, presto e tardi non esistono. Perfino il “C’era una volta” è bandito. Rigorosamente proibito.
Nel senso che nulla mai trascorre davvero. E quello che è passato è anche il presente. Ho capito, volete che torni alla domanda.
Eh, ma voglio fare il misterioso e farvela sospirare la risposta. Ah, io sono sempre il Caddy, quello che accompagna i giocatori di golf e ascolta tutte le storie. Giro dappertutto, tiro l’orecchio e ho sempre una voglia matta di raccontare.
Dunque. Per sapere se è meglio sotto o è meglio sopra, vi devo parlare di due luoghi di Magiria, molto differenti tra loro. Il primo è il Grande Mare Infinito che fa da confine al nostro mondo a nord. È un mare strano perché, vicino alla spiaggia, le onde vengono a rotolare con un sussurro dolce sui ciottoli. E la schiuma è bianchissima, quasi neve.
Ma lontano, poco più in qua dell’orizzonte, si intuiscono burrasche tremende. Vortici neri e nuvolaglie dal ventre piene di tempesta. Saette tremende che vanno da cielo a terra e scoppi di fuoco. Perché sotto il pelo dell’acqua c’è un vulcano immenso in perenne eruzione.
L’altro posto è la Biblioteca di Magiria. Qui sono riuniti, a milioni e in mille lingue diverse, tutti i libri che hanno un’avventura dentro, una storia da raccontare. Beh, sono sicuro che anche il Cantastorie che avete in mano in questo momento, prima o poi troverà posto in uno degli scaffali. La Biblioteca è essa stessa un libro. Un grattacielo a forma di libro.
Sì. Immaginatevi un libro di pietra e vetro. Il dorso verso sud e le pagine (si muovono lentamente su rotaie invisibili) che guardano il Mare Infinito.
Le pagine non si chiudono mai del tutto perché da esse si affacciano mille e mille terrazze di pietra chiara e luminosa. La biblioteca è recente, l’ha costruita uno che è arrivato che è poco da queste parti, Antoni Gaudí, un geniaccio spagnolo. Prima o poi vi racconto la sua storia. Beh, questo Gaudí ha popolato queste terrazze di maschere misteriose, di volti enigmatici, di oggetti mai visti.
Ho capito, siete curiosi di avere la risposta a quella famosa domanda.
Lasciatemi che vi dica ancora una cosa: questi due (perché è di due personaggi a voi notissimi che vi voglio parlare) prima o poi dovevano incontrarsi.
E dove, se non a Magiria, dove tutto si ribalta e ogni cosa è possibile.
Dai, che ci siamo.
Su una terrazza in cui lo spagnolo ha scolpito statue che assomigliano alle teste dell’isola di Pasqua, ha disegnato scenari che richiamano pagode indiane, ha tracciato slarghi che sembrano dei porti di mare, su un tavolino lì in fondo, a guardarsi negli occhi e a gesticolare…
Mah sì, sono proprio loro Sandokan e Capitan Nemo.
Sulla terrazza che sembra un porto di mare, l’oste serve le più dure e ruvide acquaviti che si possano immaginare. Il tsipouro greco e l’ogogoro nigeriano, il terribile arrak birmano, distillato dal vino di palma, e il devastante tuak cingalese. Sciolgono la lingua, accelerano i pensieri, ingigantiscono i progetti. Il dolciastro waragi ugandese e il raki turco. Se sei disposto a incendiarti bocca e stomaco, la Terrazza degli Scorridori (si chiama così e si intende che sono gli scorridori dei mari, intrepidi e incoscienti) ti accoglierà sempre. L’oste troneggia dietro ad un bancone. Ha alle spalle centinaia di bottiglie dalle forme più improbabili e i colori… L’arcobaleno in confronto fa ridere. Mamma mia, con quanti incredibili colori ci si può ubriacare. Non solo gli occhi, si capisce.
E allora avete compreso benissimo. Meglio sotto la superficie del mare o meglio sopra?
Sandokan, l’indomito conduttore di prahos sostiene che l’orizzonte va tenuto sempre davanti agli occhi. I suoi, e quelli di Yanez de Gomera, il fraterno amico.
“Chissà in che parte del mondo si è perso quel maledetto avventuriero” borbotta Sandokan dopo il quarto o quinto bicchiere di cachaça brasiliana. Nella voce ha un po’ di pianto e molta malinconia.
Capitan Nemo si rivede invece ai comandi del Nautilus e giura che le rotte sottomarine dischiudono possibilità infinite. Il suo pezzo forte, quello che racconta più volentieri, è il passaggio nel Mediterraneo dall’oceano Indiano. Lì, proprio vicino al porto di Suez, ha scoperto una grotta che mette in comunicazione i due mari.
“Un mondo meraviglioso, verde e azzurro. Pesci e mostri mai visti. A metà percorso, nel Grande Lago Amaro, si riemerge per guardare un panorama che nessun altro al mondo ha mai visto. Il deserto e il monte Sinai, e proprio dal pelo dell’acqua, come essere la sorgente del mondo”.
Poi la sua voce si fa dura, sprezzante. “E tutto questo molto, molto tempo prima che scavassero quell’inutile, dannoso, antiestetico, volgare canale. E soprattutto commerciale e mercantile”.
Lui beve sempre e soltanto ouzo greco e il suo alito odora di anice.
Commerciale e mercantile sono le due parole che li scatenano. Ve l’ho detto, questi due dovevano trovarsi. Tutti e due di nascita nobile, tutti e due arrabbiati con colonizzatori e colonialisti. Inglesi, soprattutto, gli odiati inglesi.
Progettano di raggiungere l’orizzonte del Grande Mare Infinito. Lo chiamano il paradiso delle tempeste. O l’inferno delle acque. Amano i contrasti, le tinte forti come si vede. E naturalmente la discussione è tutta se sia meglio approntare una nave e affrontare le onde o costruire un sommergibile e avvicinarsi tenendo il fondo del mare pochi piedi sotto la chiglia.
“Sotto la superficie ogni tempesta si acquieta” sentenzia Nemo.
“Vorrei vedere come te la cavi col vulcano, lava e magma che con l’acqua sono una bomba”, cerca di incrinare Sandokan.
Questi due hanno una voglia terribile di avventura. Vogliono tornare nel Mondo Normale e vivere ancora un arrembaggio. Uno, uno soltanto. Ma la loro porta di comunicazione tra Mondo Parallelo e mondo normale è terribile e rischiosa. Altro che nebbia, altro che arcobaleno come vi ho raccontato in altre storie, bambini.
Tutti e due hanno qualche bel dolore da affogare nell’acquavite. Hanno alle spalle famiglie distrutte e parenti trucidati dagli Inglesi. È chiaro che stanno bene insieme. Nemo la prende da lontano.
“Tu lo conosci vero, il mio scrittore? Quel tal Jules Verne che da qualche parte sostiene che si può girare il mondo in 80 giorni e che il modo migliore di viaggiare è nel cielo, su una mongolfiera. Ma si possono sentire ’ste cose? Beh, in un primo tempo Verne mi aveva progettato come un principe polacco. Sissignore, un principe polacco cui i Russi avevano sterminato la famiglia dopo una rivolta. Poi per fortuna il suo editore gli ha fatto capire che il mercato russo se la sarebbe presa, che in Russia si vende bene. Eccetera. E allora cambio di rotta, eccomi in sala comandi del Nautilus”.
Nemo ha occhi fondi. Neri come la sua barba. Si vede che in lui si mescolano tante stirpi diverse. Non lo diresti un principe indiano. È piccolino, anche se molto ben proporzionato. Indossa un vestito nero, quasi da prete, col collarino bianco. Sul taschino, in oro, una piccola N. N come Nemo, ovviamente.
Sandokan invece è alto e slanciato. Sotto la camicia di seta rossa dagli alamari in argento, si intuisce la muscolatura potente. Ha lunghi capelli neri che gli cadono sulle spalle. I suoi occhi mandano lampi, come un mare in tempesta.
Anche lui ama rievocare antiche vicende familiari, odi mai sopiti. Racconta di suo padre, Kaigadan. Rievoca il Borneo e la propria stirpe regale.
Combattere per Mompracem, la sua isola, è la missione della vita.
Parla dei suoi amici, Tremal-Naik e Kammamuri. E Yanez, si capisce. Nemo invece ha in mente solo quei tre naufraghi che un giorno ha raccolto da una nave che lui stesso aveva affondata. Dei suoi compagni di avventura, di scorrerie e vendetta, non parla volentieri. Parla del fiociniere Ned Land e dei suoi progetti fuga dal Nautilus.
“Ma come si può pensare a fuggire da una nave sottomarina che ti rende padrone del mondo?”. Scuote la testa, perplesso. Poi ecco il domestico Conseil e il suo padrone, Arronax. Arronax è un naturalista molto importante e non riesce a capire l’odio che spinge Nemo a distruggere ogni cosa. Quanto ai suoi compagni in quella guerra personale contro il mondo, li ha visti morire ad uno ad uno. Nemo è l’ultimo sopravvissuto di un equipaggio fiero e determinato.
Sandokan e Nemo hanno un dolore feroce e inestirpabile. Vivono per dominarlo quel dolore, per affogarlo nelle spire profonde degli oceani.
Come non capire i loro progetti? Sandokan ha nel fondo dell’anima i suoi nemici mortali. James Brooke, il rajah bianco che gli ha sterminato la famiglia, e il rajah Sindhia.
Ma non li nomina. Già troppo dolore nella sua vita.
Pensa all’orizzonte del Grande Mare Infinito. Lui sa come dominarle, le tempeste.
“Il mio, di scrittore, è tutt’altra pasta. Emilio Salgari non fa mai un passo indietro. Segue le sue idee come le vele di un brigantino si incollano al vento. Non molla. Ed è un visionario, non certo le astruserie tecnologiche del tuo Verne. Lui a piè saldo sul molo di ogni porto del mondo, guarda il mare in piena tempesta che muggisce tremendo e scaglia montagne d’acqua contro la terraferma. Salgari amava il mare tranquillo, dall’acqua d’argento. Ma la mia isola di Mompracem la disegnava solitaria e selvaggia, battuta dal vento impetuoso. E la mia casa, sai come vedeva la mia casa? Come un’aquila su di una gran rupe tagliata a picco sul mare”.
“Oh, anche Verne amava il mare. Il respiro del mare è puro e sano, diceva. È l’immenso deserto dove l’uomo non è mai solo, poiché sente fremere la vita accanto a sé. Il mare è il veicolo di un’esistenza soprannaturale e prodigiosa; non è che movimento e amore, è l’infinito vivente”.
“Ma è cavalcando le orme che lo domini, il mare. Ricordo il giorno che, nonostante la tempesta, assaltammo Labuan, l’sola di Marianna, la mia donna.”
Nemo e Sandokan si guardano negli occhi. Hanno un singhiozzo trattenuto in gola, pensano ai loro amori perduti. Si versano ancora un bicchiere di acquavite. Fingono di far fatica a deglutire.
“Vuoi mettere? È sul fondo del mare che i millenni e i secoli hanno depositato tesori infiniti. Con l’oro trovato nel porto di Vigo ho progettato e costruito il mio Nautilus. Se potessi viaggiare nel tempo io finanzierei tutti gli eroi morti per la libertà della loro patria. Quel polacco bello e fiero, Tadeusz Kościuszko. Poi Markos Botzaris, il Leonida della Grecia moderna. E Daniel O’Connell l’irlandese. Abramo Lincoln e quel veneziano indomito Daniele Manin. Mio padre in odio ai conquistatori partecipò all’ammutinamento dei Sepoy contro il potere coloniale britannico.”
Gli passano davanti scene violente. Ha un brivido. Sandokan lo incalza.
“Ma che tesoro vuoi trovare vicino ad un vulcano che esplode nelle profondità? L’acqua e il fuoco si odiano e si combattono. Come gli uomini in ogni epoca”.
“Senti…”
“No senti tu”. E avvicinano le teste e si parlano negli orecchi.
Mi aspetto che scompaiano prima o poi, di non vederli mai più. E me li immagino viaggiare verso l’orizzonte. Sandokan sopra, Nemo sotto. Collegati da qualche misterioso canale di comunicazione. Che spettacolo davanti ai loro occhi. I due pirati che si raccontano l’un l’altro le onde alte come montagne e i fiumi di lava incandescente che fanno urlare e stridere l’acqua dei fondali. Le bocche fiammeggianti che si aprono e si chiudono nelle profondità marine e le valanghe d’acqua che si rovesciano addosso all’incauto viaggiatore.
Sandokan fermo sulla prua del suo praho, Nemo davanti ai comandi del Nautilus e alla grande finestra spalancata sull’universo liquido. Si parlano, comunicano.
Lì, sulla Terrazza degli Scorridori, si fanno animo. Però…
Però giorno dopo giorno sono lì a bucarsi lo stomaco con le più orribili acquaviti che mai siano state distillate ad ogni latitudine e ad ogni longitudine. Ho paura che il coraggio non lo troveranno mai.