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La Patagonia di Franco Vivian


LA FINE DEL MONDO

La Patagonia 1

Da sempre l’uomo viaggia verso la fin del mundo. Quante ultime Thule nella storia dell’umanità. I Bretoni chiamano Penn-ar-Bed (cioè Finistère, fine della terra) il loro sporgersi verso il nulla infinito dell’oceano. Il limite da valicare, le colonne d’Ercole da spostare più in là. Franco Vivian, viaggiatore attento, narratore acuto e fotografo dall’occhio limpido, avanza con lo spirito intrepido della persona curiosa (curiosità di segno alto) verso la Terra del Fuoco, lungo le strade interminabili della Patagonia. Non solo un diario di viaggio, però. La scrittura si impasta nella poetica del nostos, il ritorno di Ulisse e degli eroi che combatterono Troia. (Io penso che sia anche una cosa che Vivian ha scritta nel sangue: Franco è figlio del grande grecista Primo Vivian). Un’operazione della nostalgia. Perché il nuovo Ulisse vorrebbe tornare in quei luoghi dove si respira l’aurora della vita. E non può. Dunque (ri)viaggia scrivendo. E l’affascinante scrittura nasce dall’amalgama misterioso di rigore scientifico e sintonia profonda con la poesia del viaggio e dei luoghi.
Luoghi che arano solchi profondi nell’anima. Risento Luis Sepùlveda che celebra una silloge di racconti di Francisco Coloane. “A sedici anni, quando finii di leggere Terra del fuoco, presi la decisione di andarmene di casa e di imbarcarmi su una baleniera, e così feci.”
Questo libro di Franco Vivian restituisce la verità profonda che Gilles Lapouge scolpisce in Besoin de mirages. “La sola giustificazione del viaggio è che permette, in seguito, di inventare un paese reale ma sconosciuto, di esplorarlo e descriverlo”.

Gian Domenico Mazzocato

La presentazione è avvenuta il 31 maggio 2017 nello splendido scenario della chiesa di San Gregorio, proprio nel cuore di Treviso. Con me c’erano l’autore che ha proiettato e commentato alcune dia, la presidente di SeLALUNA Gabriella Barzan, che ha letto alcune pagine del libro.

La Patagonia 2 

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