San Martino mi guarda nella penombra silenziosa della chiesetta medievale di santa Margherita, tra i prati e i boschi di Laggio, nel cuore del Cadore. Qualcuno sostiene che, del Cadore, questa è la chiesa più antica. Costruita attorno al 1200.
Martino ha vesti da vescovo, non è colto nell’atto eterno di tagliare il mantello.
Mi piace pensare che quel volto dai tratti duri e ieratici, disegnato e dipinto da uno sconosciuto pittore del Trecento, abbia le fattezze autentiche del santo che ha cambiato la storia d’Europa e della Chiesa.
Si affollano alla mente le statue, i dipinti, ai monumenti, le vetrate, le stampe, i santini, i fumetti che moltiplicano e amplificano all’infinito la figura di Martino.
Quante immagini, da tutta Europa. A cominciare dalla Francia e dai luoghi martiniani, Poitiers, Ligugè, Tours, Marmoutier. Amiens dove, ragazzino, Martino ha guarito dal freddo un povero in cui la tradizione popolare ha ravvisato Gesù.
E Candes, il borgo alla confluenza di Vienne e Loira, in cui Martino si è addormentato, su un giaciglio di terra e cenere, per l’ultima volta.
Villaggi e chiese. In Cèchia, Slovacchia, Austria, Spagna, Olanda, Belgio.
Penso alla luminosa e affascinante tavola che si trova nella cattedrale di Belluno. Su di essa un grande pittore (forse il Maestro della Cappella Galletti?) ha raccontato Martino come a nessun altro è riuscito. Un capolavoro dell’arte popolare.
E, di rimando, il grande ciclo martiniano che l’immortale senese Simone Martini realizzò tra 1313 e 1318 nella prima cappella a sinistra nella basilica inferiore di San Francesco d’Assisi.
Penso a due miei amici scultori che su san Martino stanno lavorando.
Eugenio Riotto che ritrae il momento folgorante del mantello tagliato sui candidi marmi che adornano Pietrasanta. Non sarà un caso, siamo a due passi da Lucca che ha in san Martino il suo patrono.
E Franco Murer, il geniale scultore di Falcade, che con la sua arte rievoca il gesto di Martino soldato. Lo fa per Nereto, un borgo di 5mila anime, in provincia di Teramo. Nereto ha in Martino il suo patrono ma anche, se si può dire così, la sua matrice culturale. Infatti la Fondazione Ferdinando Ranalli, che nel centro abruzzese ha sede, sforna ormai da anni dei quaderni martiniani, con vari e validi contributi.
Guardo Martino, rigido e stilizzato nella chiesetta di santa Margherita. Vi avverto lo spessore della storia, la densità del mistero cristiano, la forza dirompente del messaggio evangelico.
Nel volto di Martino brillano il genio e l’umiltà, l’innovatore indomito e il docile strumento della Grande Volontà.
(Esaurire il tema della presenza religiosa, storica, artistica, culturale, gastronomica di Martino è davvero impossibile. In questo libro propongo luoghi, persone libri che in tanti anni ho incontrato accumulando una documentazione imponente -a iniziare dalla raccolta di immaginette sacre- ma non certo esaustiva).